«Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele» (Ez 37,12).

 

Tutti ci troviamo nella condizione di Lazzaro, il cui nome significa “Dio aiuta”. E il nostro pensiero va anche oggi a tutti i nostri ammalati…

La chiave per comprendere questo testo di Giovanni si trova infatti nelle parole che i messaggeri, mandati da Marta e Maria, portano a Gesù: «Colui che tu ami, è malato».

Siamo noi.

Sono io colui che Gesù ama e che è malato.

Questa è la realtà di ciascuno di noi.

Gesù non si rassegna davanti a questa malattia e viene in quel mondo che è Betania, nome significativo anche in questo caso, perché vuol dire “casa della sofferenza”.

In questo mondo, che è la casa della sofferenza, Gesù viene a svegliarmi.

Entrare nella sofferenza di un altro per guarirlo ha sempre un prezzo.

Nel testo infatti i discepoli sono meravigliati di questa iniziativa di Gesù, perché vuole tornare in Giudea dove hanno appena cercato di lapidarlo. Gesù è disposto ad affrontare la morte per salvare l’amico: questo è l’amore! Del resto, poco più avanti, nel Vangelo di Giovanni, Gesù stesso dirà:

«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).

Ricordiamoci anche che nel Vangelo di Giovanni, la guarigione di Lazzaro sarà uno dei motivi che accelererà il processo contro Gesù, perché quella risurrezione è considerata dai Farisei e dai Giudei come scandalosa e pericolosa.

 

Davanti al sepolcro, davanti alla sofferenza e alla morte, ciascuno di noi reagisce in modo diverso.

Anche in questi giorni.

E, a partire da quel sepolcro, ciascuno è chiamato a percorrere il suo cammino di conversione.

Marta, per esempio, si renderà conto che, a fronte di tutte le cose che sa su Dio, nel profondo non crede che Gesù possa cambiare la vita delle persone.

Nel testo, infatti, più volte, Marta ripete «io so».

La sua fede è fatta di conoscenze, forse di studio e di approfondimento. Ma quando Gesù dice di rimuovere la pietra dal sepolcro di Lazzaro, Marta vorrebbe fermarlo, perché il cadavere manda già cattivo odore!

Marta ha bisogno di percorrere quel cammino che porta dal sapere delle cose su Dio (alcune le sappiamo anche noi, altre presumiamo di saperle, altre le abbiamo inventate…) dal sapere delle cose su Dio … al credere in Gesù.

Del resto è la domanda che Gesù stesso le rivolge: «Chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno.

Credi tu questo?» (Gv 11,26).

La risposta di Marta, che dice di credere, è però smentita dalla sua reazione davanti al comando di Gesù di aprire il sepolcro.

 

Infatti, il sepolcro diventa talvolta il luogo del nostro lamento, il pretesto per trasformare la nostra vita in un lamento senza fine. Anche i nostri morti, passati i giorni del lutto, dobbiamo lasciarli andare…

Un motivo per non prendere in mano le nostre situazioni. Maria, l’altra sorella di Lazzaro, è ferma, seduta in casa, immobile. Il verbo che maggiormente le viene attribuito è piangere.

Sembra che nella sua vita non sappia fare altro.

Chi la vede piangere, persino Gesù, è travolto dalla sua commozione.

Il pianto di Maria è contagioso.

Ma anche per lei c’è una parola: «Il Maestro è qui e ti chiama» (Gv 11,28).

Gesù ti chiama a uscire da quella vita che hai trasformato in un sepolcro.

Non restare immobile, seduto sul pavimento della tua casa, trasformandola nel luogo del tuo lamento. Gesù ti chiama a uscire dalla tristezza e ristrettezza del tuo cuore e a ritrovare la speranza.

 

Gesù ridona vita a un cadavere che è già in decomposizione. A volte forse ci sentiamo proprio così, perduti e senza futuro.

Ritornare a vivere sembra impossibile. Anche dopo lutti difficili, molto sofferti, come in questi giorni, Gesù toglie la pietra pesante che sta schiacciando la nostra vita.

Apre Lui i nostri sepolcri, ma siamo noi che dobbiamo avere il coraggio di uscire e di affrontare la realtà.

Questo cammino di liberazione non è immediato:

Lazzaro ha i piedi e le mani legate dalle bende.

Dio si serve di altre persone, altri fatti, altri avvenimenti,: chiede ad altri di sciogliere quei legami.

Forse anche noi siamo chiamati ad accogliere che

Qualcun’ altro nella nostra vita  ci sciolga o a diventare noi stessi mediazione per altri, portando libertà e speranza.

Questa pagina di Vangelo è allora una pedagogia verso la fede in Cristo che è la risurrezione e la vita: Chi crede in me, anche se muore, vivrà; Credi tu questo? Si, Signore, io credo.

Un padre della Chiesa, Ippolito, scrive: “Lazzaro sia per te come uno specchio: contemplando te stesso in lui, credi nel risveglio”.

Ma allora se la fede è il luogo della risurrezione, l’amore ne è la forza: Gesù amava molto Lazzaro e questo amore si fece visibile nel suo pianto dirotto.

L’amore integra la morte nella vita e trova il senso della morte nel dono: dare la vita diviene un dare vita, metti vita anche in questi giorni che devono essere segnati dalla speranza e dalla gioia…perchè il Signore è fedele…

Avere fede in Gesù che è risurrezione e vita significa fare di ogni gesto d’amore un luogo in cui la morte viene messa a servizio della vita.

La fede e l’amore si manifestano nella parola con cui Gesù chiama Lazzaro: lo scandalo e la follia di chiamare chi è morto è possibile grazie alla fede nel Dio che risuscita i morti e all’umanissimo amore che legava Gesù a Lazzaro.

La potenza di risurrezione della parola di Gesù è tutta nella fede e nell’amore che la abitano.

Pietro Crisologo scrive: “Era necessaria la morte di Lazzaro, affinché la fede dei discepoli, sepolta con Lazzaro, resuscitasse con lui”.

 

Così con Lazzaro si conclude il cammino battesimale e domenicale di questa forte Quaresima… domenica prossima sarà la domenica dell’ingresso in Gerusalemme

 

– Da quali situazioni di morte il Signore ti chiama a uscire?

– Credi che Gesù possa efficacemente operare nella tua vita?